Marcella Simonelli

A cura di:

Dietro la festa, Ladakh

C'era una volta un bellissimo paese ai confini del mondo. Sullo sfondo di paesaggi straordinari s'innalzano al cielo, scritte su infinità di bandierine colorate, le preghiere della gente: un popolo semplice, tranquillo, religioso. Ed è proprio la religiosità a scuotere per alcuni giorni questa calma: musica, danze, preghiere, riti che coinvolgono tutti: le famiglie, i ministri spirituali, frotte di piccoli giocosi Lama.

La gente si accalca intorno al cortile del gompa (monastero): chi si accovaccia in silenzio, chi tiene d'occhio i bambini, chi sfoggia il vestito della festa, chi fa scivolare tra le dita i grani di un rosario, chi fa ruotare con un movimento ritmico e ancestrale il khorlo – un piccolo cilindro all'estremità di un manico – per mandare al cielo, a ogni giro, le preghiere scritte sulla carta di riso in esso contenute.

Improvvisamente echeggia nell'aria il suono dei rag dun (corni): ha inizio la festa. Sfilano i suonatori di flauto, mentre altri, seduti accanto all'altare, percuotono i tamburi. La musica si espande lenta, grave. Appaiono i danzatori, i volti nascosti da maschere terribili. Con gesti ossessivi fanno roteare i costumi coloratissimi. Ma il rito che si svolge all'esterno ha un corrispettivo all'interno del monastero.

In un'atmosfera rarefatta, tra fasci di luce solare che fendono l'aria, i monaci sono in meditazione. Seduti su lunghe panche disposte in file simmetriche, recitano assorti le loro litanie scandite dal suono dei tamburi e dei campanelli. Ritmo ripetitivo, gesti rituali, oggetti simbolici adagiati sui bassi tavolini di legno.

Abbandonati i libri di preghiera, gli strumenti e i copricapo sulle panche, iniziano a prepararsi per le danze, spesso aiutandosi reciprocamente a indossare costumi e maschere.
Un rito nel rito. Poi la cerimonia finisce: si tolgono i paramenti, si piegano i drappi, la gente lentamente abbandona la scena ed anche l'ultimo monaco torna al suo villaggio.

Le immagini si riferiscono a due distinti "festival", quello di Hemis e quello di Lamayuru - due monasteri incastonati tra le montagne del Ladakh (India Settentrionale) – che si svolgono ogni anno, ciascuno per due giorni, nel periodo estivo.
Il secondo, meno conosciuto, è - forse proprio per questo - più autentico, più intatto: meno turisti, meno giornalisti, meno fotografi, vede la partecipazione più immediata della gente affluita per rendere omaggio alla divinità, per compiere i riti propiziatori e godersi la festa. Il primo è ormai meta, non solo dei ladakhi che affluiscono da tutto il paese, ma di numerosissimi turisti e professionisti dell'immagine (fotografi e teleoperatori) che per carpire immagini più suggestive invadono completamente lo spazio riservato alle danze.
Spinta un po' dal desiderio di sottrarmi a quella bolgia e un po' dalla curiosità di vedere "dietro le quinte", sono entrata nel monastero e sono stata proiettata in un'altra dimensione, dominata dalla spiritualità e dalla solennità.

L'atmosfera di raccoglimento, la penombra squarciata dai raggi, il colore denso degli abiti e quello acceso dei copricapi e dei drappi appesi ovunque, il suono delle litanie e degli strumenti, quasi sempre grave e a momenti tintinnante, mi hanno rapita.

Quasi non vista, eppure benevolmente accolta, mi sono sentita testimone privilegiata di un rito privato e solenne di cui ho cercato di respirare e di cogliere lo spirito.

Chi sono
A 22 anni ho ricevuto in regalo una macchina fotografica: è stata la scoperta di un universo e l'inizio di un percorso interiore attraverso cui cogliere e condividere un'emozione. Paesaggi, colori, contrasti, atmosfere sono i miei soggetti preferiti.

Sintesi di tutto ciò è stata la mostra "Ossessione Vesuvio" (1998-99): affascinata dalla mutevolezza di un medesimo paesaggio, contemplato e fotografato tutti i giorni per qualche anno, ho scelto e assemblato le immagini che meglio potessero rendere i mutamenti del vulcano.

Alcune di queste foto sono state pubblicate nel libro "La Rete Mab nel Mediterraneo, Parchi Nazionali del Cilento e Vallo di Diano e del Vesuvio" (Studio Idea Editrice, 1999) - e utilizzate per la realizzazione di un calendario.

Alcune immagini del mio archivio sono state utilizzate per Campagne Istituzionali (dell'Eni Aqua Campania, della Provincia di Napoli, dell'Azienda Napoletana Mobilità) e per alcune pubblicazioni dell'Unità Multimedia Iniziative Editoriali. Sono nata nel dicembre 1955 a Napoli dove vivo.
Dal 1982 al 1995 ho vissuto a Roma. Amo molto viaggiare e il mare: entrambi hanno alimentato e influenzato la mia passione per la fotografia.

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Marcella Simonelli Luca Rinaldini

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