Inviati 3

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Ostia, Lungo la linea del mare

Dalle grandi distese sabbiose di Capocotta fino alla foce del Tevere, gli stabilimenti balneari, l'oasi naturista, l'ambiente LGBT, il pontile, la pista da skate, i monumenti a Pasolini, l'Idroscalo, il trenino per il Lido di Ostia. Cronache di un breve viaggio "vicino", firmate da un gruppo di studenti, gli allievi del Master in Comunicazione e Cultura del Viaggio e del Master in Comunicazione Ambientale del Centro Studi CTS di Roma. Sguardi ha selezionato una galleria di immagini (una per allievo) e alcuni estratti di testo, frammenti di paesaggio, piccole storie di vita quotidiana, testimonianze di prima mano raccolte durante questo passaggio da inviati "dietro l'angolo".

© Sebastiano Paccini
© Sebastiano Paccini

Il treno Roma-Lido
Annamaria sale di corsa sul treno per Ostia, è stata trattenuta un'ora e mezza in più a lavoro per mancanza di personale. È stanca e arrabbiata, avrebbe voluto trascorrere l'intero pomeriggio col figlio di dieci anni. Eppure quel sorriso, quegli occhiali rosa a forma di cuore (acquistati con orgoglio per tre euro sulla bancarella) e quel vestito a fiorellini sembrerebbero dire il contrario. Annamaria è una dei 90mila passeggeri che ogni giorno sale su quel treno, una dei tanti romani che hanno scelto di vivere al mare e lavorare in città. In 150mila si sono trasferiti a Ostia tra il 1990 e il 2011: all'inizio spinti dai bassi prezzi delle case, poi dalla voglia di aria, sole, libertà, verde e silenzio. «Sono contenta di vivere sulla costa – racconta Annamaria mentre si affanna a cercare le chiavi di casa nelle sue tre borse – ma sono tante le cose che non vanno e quella più evidente è il litorale del tutto trascurato: si potrebbe fare di più». Lo scenario all'uscita della stazione "Lido" non le dà torto: l'incuria delle strade, la cementificazione del lungomare e l'erosione costiera sono problemi avvertiti con forza dalla popolazione. Lo sguardo volge verso l'imponente nave a 200 metri dalla costa: è danese e il suo compito è quello di prelevare sabbia dai fondali marini e riversarla attraverso lunghe tubazioni presso le spiagge. Non è in funzione: le mareggiate di aprile hanno bloccato i primi interventi di consolidamento. A causa del tempo sempre più instabile e della mancanza di sedimenti apportati dal fiume, dell'arenile romano non è rimasta che una sottile lingua di sabbia […]  (Paola Cirino)

© Alessandra Pillitteri
© Alessandra Pillitteri

Ultima fermata Cristoforo Colombo
Ecco il sole. E con il sole l'odore del mare portato dal vento di ponente. Fino a Roma. Già, fin dentro la città. O forse è il trenino che porta ad Ostia a essere intriso di salsedine. O forse ancora è l'idea del viaggio verso la distesa blu che esso rappresenta a emanare quel profumo inconfondibile. Perché chi nasce e cresce in una città di mare ne è vittima inconsapevole e lo sogna persino, quando ne rimane per troppo tempo lontano. Ma la stagione balneare non è ancora cominciata e il trenino per Ostia è pieno solo di pendolari. Si somigliano tutti i pendolari. Per quanto stravaganti, eleganti, sciatti, rumorosi o composti che siano, hanno tutti lo stesso desiderio: arrivare! E di questi tempi non è una certezza. L'ultima fermata del trenino è vicina alla grande rotonda in cui termina la Cristoforo Colombo, una delle vie che da Roma arrivano a Ostia. Certo il paesaggio è diverso da un sabato sera di piena estate. In un pomeriggio di maggio il lido è quasi deserto. Gli autobus che portano alle selvagge dune dei Cancelli e di Capocotta sono un miraggio. Il mare d'inverno è un privilegio di cui non tutti possono godere. E per chi è nato e cresciuto in una città di porto, l'orizzonte è sempre interrotto da mostri di ferro, in estate di più, in inverno di meno. Così la grande nave parallela al lido di Ostia, ancorata più vicina rispetto alle linee di rotta, è uno spettacolo inusuale. Dalla battigia appare molto più nitida. E non solo la nave. Anche la spiaggia. O meglio quello che ne rimane. Sul lido di Ostia, le dune hanno da tempo lasciato spazio all'architettura e la sabbia che il  mare d'inverno ruba alla terra non riesce più a tornare alla sua spiaggia. Così la grande nave del "ripascimento" aspira la sabbia dagli alti fondali e la spara in acqua verso la riva romana. Le onde, poi, la condurranno all'asciutto […] (Valentina Tognotti)

© Marco Cardaci
© Marco Cardaci

Capocotta
Sono fortunati i romani: con "l'overground del mare", in 30 minuti, la loro pelle, carica di inquinamento, si trova appollaiata sulla spiaggia. Per sentirsi purificati, scelgono la passerella di legno che lentamente li spoglia, costruita tra dune ricoperte di rara vegetazione, che li allontanano dall'architettura razionalista del pontile di Piazza dei Ravennati, americanizzato da strutture chic. Tra cespugli di ginepro, mirto e profumi di rare lavande, arrivano a toccare il mare, salato al punto giusto con fondali digradanti. Qui l'atmosfera marina si discosta da quella che tira al villaggio Kursaal. La gente è libera di spogliarsi e differenziarsi dai "tessili" che mettono i loro ombrelloni a 5 km di distanza. «Er Buco se chiamava ‘na volta perché vi entravamo tramite dei buchi nella recinzione» raccontano dei giocatori di briscola. «Poi l'hanno fatta diventà la prima oasi naturista de tutta Italia» sputacchia Gianni che ogni settimana si reca con sua moglie in questo piccolo paradiso separato con invisibili muri dai «coatti della domenica». Capocotta: 3 km di mondo dove la libertà di ognuno trova il completamento nel rispetto degli altri. «Non se trovano mozziconi, cartacce o artro. Qui puliamo ogni giorno» afferma l'orgoglioso Alessandro, gestore del bar Porto Enea. Cartelli che vietano la ricerca di video e foto e sorveglianti che mantengono l'ordine sulla spiaggia. La clientela è varia. Le lamentele degli habitué non mancano: «Non ci facciamo vedere nudi tra i tessili, non capisco perché un tessile debba girare con il costume» le parole di Marco, giovane avvocato, che non si sente rispettato mentre vorrebbe godersi le sue pause pranzo […] (Alessandra Pillitteri)

© Marta Pelle
© Marta Pelle

Gli stabilimenti
[…] Sono passati più di sessant'anni da quando Pasolini raccontava il litorale di Ostia attraverso gli occhi di Luciano. Lo stesso ragazzo sarà protagonista, in una scena simile, in Ragazzi di vita. Ostia, invece, sarà anche il film diretto da Sergio Nitti di cui Pasolini ne scrive la sceneggiatura. A Ostia, negli anni Cinquanta, i palazzi razionalisti già c'erano, i bagnanti pure, anche la sabbia stava lì, sotto i piedi e gli occhi di tutti. Oggi i lidi colorati, gli ombrelloni, le corse per i posti privilegiati negli stabilimenti balneari resistono ancora. Guido, un dipendente dello storico villaggio estivo Kursaal, racconta che un abbonamento stagionale, da maggio a settembre, arriva a costare oltre i quattromila euro. Non c'è crisi che tenga pur di aggiudicarsi un posto nel cortile piazza di Spagna, il più ambito. Per gli abitanti di Ostia questa spiaggia diventa come un'estensione naturale della propria casa, diventa il proprio giardino. Sembra tutto come allora ma qualcosa è cambiato: dov'è finita la spiaggia? […] (Marco Cardaci)

© Valentina Tognotti
© Valentina Tognotti

Memoria e poesia
Ta na sitàt, Trièst o Udin, / ju par un viàl di tèjs, / di vierta, quan' ch'a múdin / il colòur li fuèjs, / i colarài muàrt. [In una città, Trieste o Udine, / per un viale di tigli, / quando di primavera / le foglie mutano colore, / io cadrò morto. Un poeta errante profetizzava la sua morte con queste parole, in un'antologia dedicata alle sue terre. Ma Pasolini non cadde morto a Trieste, Udine, o nella sua casa natale, ma ad Ostia, la patria di molti dei «ragazzi di vita» a cui dedicò parole secche e appassionate. Ostia è il lido di Roma, il luogo in cui l'espansione della capitale si è dovuta scontrare con la costa. Il poeta lascia opere, contraddizioni, polemiche, monumenti. Nel luogo in cui è morto, una stele marmorea si staglia solitaria. È nell'Oasi Lipu, tutt'intorno sono raccolte in circolo citazioni scolpite sulla pietra, conferendo al luogo l'epiteto altisonante di Parco Letterario. Vi si accede da un cancello cigolante, chiuso da un filo di ferro. A leggere le frasi del poeta però ci sono solo gli uccelli, che qui hanno la loro assolata dimora, tra l'erba alta e le zanzare. […] «L'idroscalo è un posto di merda», esordisce il gestore dello SkatePark The Spot, «all'inizio questa era solo una colata di cemento tra le case popolari. Noi, insieme alla scuola qui accanto, l'abbiamo fatto diventare un posto dove i ragazzi possono venire a fare qualcosa, qui non c'è una situazione facile». Cappellini col frontino all'indietro, occhi duri, pelli scure, accento romano. I ragazzini passano qui i pomeriggi, come se avessero trovato una seconda casa. Si stagliano tra il cielo e le case popolari, misurandosi con la forza di gravità. Sono loro i nuovi ragazzi di strada? La scuola qui accanto si chiama Pasolini, ma forse non vuol dire niente […] (Silvia Benedet)

© Silvia Benedet
© Silvia Benedet

Ravenna, Ostia o Bombay
Il viaggiatore errante immagina la desolazione, la osserva, la scusa, la consola mentre cerca di fare lo stesso con la sua anima attenta. Attraversa quei lidi che sembrano non conoscere perdono, scruta la sabbia in attesa delle sue risposte tra la polvere. «Solo l'amare, solo il conoscere conta…» ripete, tra i pensieri confusi alla ricerca di un appiglio immaginario. Osserva le onde, nel loro lento ritmo eterno, infrangersi sugli scogli inerti «…qual é colui che suo dannaggio sogna sulle rive del mare in cui ricomincia la vita». Riflette ma i pensieri non lo liberano. Resta lì ad implorare la redenzione per i peccati del mondo, come un agnello sacrificale nella domenica di Pasqua che aspetta solo di venire divorato. «Solo o quasi sul vecchio litorale tra ruderi di antiche civiltà, Ravenna, Ostia o Bombay – è uguale – con Dei che si scrostano problemi vecchi – quale la lotta di classe – che si dissolvono…». Il popolo che si mostra al viaggiatore sembra fermo nel suo vivere, come se non fosse cambiato niente, come se ogni cosa fosse rimasta uguale. Quasi come se Pasolini, da integerrimo predicatore di verità, non fosse mai stato ucciso a pochi passi da quel mare in cui già si vedeva morente […] (Aurora Bincoletto)

© Giulia Dinichilo
© Giulia Dinichilo

Virtute e canoscenza
[…] «Fatti non fummo per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza, lo diceva pure Dante, bisogna insegnare passione amore e valori ai giovani, Pasolini non era così» è così che Mauro, un padre di famiglia sulla sessantina, argomenta con ardore il suo parere riguardo alla vita dell'autore. «Ha ferito molte persone qui, e quando io ero ragazzino ha fatto molto male a un mio amico… ancora oggi porta i traumi di quell'esperienza». Il punto di vista di Mauro è forte, accusatorio ma pare che a Ostia abbia vinto Pasolini, celebrato qui in altri due monumenti. Suggestivo passeggiare al tramonto tra le lastre riportanti le citazioni più famose dell'artista. Sembrano lapidi, una statua di una colomba in volo evoca riflessioni profonde, qui Pasolini lo si ricorda perché è il luogo in cui è morto, ucciso a bastonate. È l'ultima parte della costa di Ostia, prima dell'Idroscalo […] (Nadine Zara)

© Nadine Zara
© Nadine Zara

Skatepark
[…] Il grigiore del cemento, quadrato e asettico, è spezzato all'improvviso da una manciata di colori vivi e da una musica funky, hip hop. Canestri, rampe, piste, ringhiere, half-pipe. Uno skatepark attrezzatissimo rompe la monotonia delle linee architettoniche delle abitazioni e si frappone al turismo da spiaggia a pochissimi passi dal nuovo Porto Turistico. Ancora una volta non sembra Ostia, anzi sembra uno spaccato di qualche sobborgo americano. The Spot skatepark regala grinta e freschezza a questo tratto di quartiere, «Fino a 10 anni fa, qui non c'era nulla, solo sterpaglia e cemento - racconta Mark di Lello, questo era ed è un posto di merda, noi abbiamo lanciato una sfida. La nostra associazione nasce nel Settembre 2002, siamo quattro amici, William, Ciro e Nando Zanchelli ed io, Mark Di Lello. L'idea era quella di creare delle opportunità di pratica sportiva a costi sostenibili per i giovani della "Nuova Ostia", quartiere storicamente e tradizionalmente degradato e socialmente negletto». Da questi presupposti nasce nel marzo 2003 The Spot, polo sportivo-culturale diretto dal Professor Dario Bensi, «che - continua Mark - grazie alla concessione degli spazi attualmente in uso ha reso possibili tutte le nostre attività. Lo scorso anno abbiamo avuto i Campionati Mondiali di Skate, nessuno ci credeva, volevamo togliere i ragazzi dalla strada, dallo sbando e dal bullismo, e impiegare il loro tempo in qualcosa di grande. Ce l'abbiamo fatta». Tra il cemento e le scritte colorate c'è aria di nuovo, di riscatto. Gli skate colorati oscillano di continuo sulle rampe dell'half pipe, le sagome sono sospese nell'aria, per una frazione di secondo, il tempo si è fermato. Come per i pescatori che restano però in attesa di una pesca migliore, sullo sfondo dell'Idroscalo […] (Annalisa Polli)

© Alberto Vigo
© Alberto Vigo
© Annalisa Polli
© Annalisa Polli

Visione notturna
[…] Arrivano a piazza dei Piroscafi o quel che ne resta. La prima cosa che compare sui loro display è un cancello e un muretto che circonda un terreno con un rustico campo da calcio, ma che fino a due anni fa ospitava famiglie e case abusive, demolite dal Comune di Roma dopo gli straripamenti del fiume. Come unica testimonianza alcune scarpe appese al cancello, a ricordo di chi ha abitato quei luoghi. Il sole inizia a calare, certe batterie a venir meno e la visione notturna di alcune fotocamere non è delle migliori. Si dirigono verso la fonte di luce e tra rifiuti, terra incolta e auto distrutte arrivano alla foce del Tevere, e si trovano di fronte uno scenario diverso, quasi in contrasto con quello che si sono appena lasciate alle spalle. Sui grandi massi dell'argine due pescatori assorti e al di là il mare aperto che riceve il fiume e in quel preciso momento sta per incontrare il sole. Un'immagine cartolina che forse snobbano ma che assolutamente non possono non catturare. Nel campo da calcio adesso giocano dei bambini, alcuni si avvicinano incuriositi dal gruppo numeroso e variegato di macchine fotografiche e si lasciano catturare dai moderni sensori, per poi tornare alla loro spensieratezza. La strada, la curva, la fermata, un ultimo scatto al mare di Ostia, e l'obiettivo si chiude […] (Gaia Tedesco)

© Chiara Medini
© Chiara Medini

Via degli Aliscafi
«Non proseguite per via degli Aliscafi, vi trovereste in mezzo a disgraziati e delinquenti», è questa la raccomandazione di Laura, segretaria dello studio di registrazione "Ostia in musica", che ha sede in una casa pulita e ordinata agli inizi della baraccopoli abusiva dell'Idroscalo di Ostia. Come per Laura, per molti degli abitanti di Ostia e Roma questa è una zona pericolosa, un covo di malviventi e disadattati. L'area degradata, famosa anche perché vi fu trovato il 2 novembre del ‘75 il cadavere di Pierpaolo Pasolini, resiste da decenni a vani tentativi di sgomberi e bonifiche. Negli anni ‘60 cominciarono i romani a costruire casupole per i soggiorni estivi, e negli ultimi decenni, con le migrazioni, romani e stranieri vi si sono stabiliti rimediando baracche e case a poco prezzo. Oggi sono 500 le famiglie che da più generazioni vivono all'Idroscalo, organizzandosi alla meglio, affrontando le esondazioni del Tevere e i disagi dovuti alla mancanza d'acqua corrente e impianti di scarico. Vivono tra il mare e il fiume, come in un limbo che dura da 50 anni e la sopportazione ha un limite che sta per essere raggiunto. La gente qui è stanca, stanca delle promesse dei politici, dei fotografi ingordi d'immagini e dei giornalisti a caccia di notizie. L'aria è perplessa quando capiscono che non fai parte di nessuna di queste categorie, e allora la gente si concede, ti offre un caffè, una birra e ti apre la porta di casa; una casa costruita con le proprie mani, frutto di tanta fatica, di cui essere fieri: «mattone su mattone, l'ho costruita io e l'ho pitturata di giallo, che è un colore allegro» rivela con orgoglio Petru, arrivato qui 15 anni fa dalla Romania. Proseguendo per via degli Aliscafi le case si fanno via via più fatiscenti, ma non mancano lampi di cura e placida normalità: i fiori alle finestre, le biciclette, i cognomi sulle porte, un campo da calcio, i bambini che giocano, le signore che tornano a casa con la spesa, musica, biciclette e tricicli. Non prevale certo l'ordine e la pulizia, ma il clima è sereno e cordiale. Sono poche le roulotte e le baracche, anzi, alcune case vantano giardini curatissimi, cagnolini con tanto di medaglietta, vigne che si arrampicano su porticati in legno e alberi da frutto. Nel lato che dà verso il fiume si estende l'area balcanica con musiche e volti che ricordano il film "Gatto nero gatto bianco" di Kusturica […] (Valentina Miozzo)

© Paola Cirino
© Paola Cirino

 

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