Nell'era dell'autofocus dotarsi di uno schermo di messa a fuoco vecchio stile, con tanto di stigmometro ad immagine spezzata e corona di microprismi, può sembrare quanto meno folcloristico, ma proprio per la possibilità dei corpi Nikon di utilizzare le classiche ottiche Nikkor manual focus, può trasformarsi in un prezioso ed insostituibile aiuto per il fotografo esigente

A cura di Valerio Pardi

Introduzione L'era moderna
Arriva il Katzeye Cosa cambia
Come funziona Il montaggio
Campi d'utilizzo Davvero indispensabile?

 

Campi d'utilizzo

Come ho già anticipato, gli schermi Katzeye trovano il miglior campo d'impiego con le ottiche manual focus. La differenza dallo schermo standard è subito avvertibile. La prima impressione tuttavia è quella di uno schermo molto meno luminoso, ma poi ci si fa l'abitudine e si inizia ad apprezzarne le altre qualità. Il passaggio tra zone a fuoco e fuori fuoco, come promesso, diventano molto più evidenti e dopo pochi minuti si apprezza anche lo stigmometro ad immagine spezzata centrale e la corona dei microprismi.

Grazie a queste due particolarità la messa a fuoco manuale acquista subito precisione e sicurezza. La capacità di selezione è talmente elevata che ci si rende immediatamente conto di quanto sia complesso ottenere il fuoco perfetto; basta sfiorare la ghiera di messa a fuoco dell'obiettivo per osservare variazioni significative del fuoco nel mirino, quando, in precedenza, la stessa azione non portava a nulla di tanto rilevante ad occhio nudo.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è la differente resa in base alle ottiche utilizzate. Chi ha utilizzato negli anni passati corpi reflex a pellicola con schermi di messa a fuoco simili a questo, ricorderà senz'altro come, con obiettivi poco luminosi, lo stigmometro ad immagine spezzata e i microprismi tendono ad oscurarsi, diventando inservibili. Lo schermo Katzeye, tuttavia, si avvantaggia di un progetto più recente e moderno, e questo limite è stato spostato molto più avanti, dove prima già a f/5.6 l'immagine centrale nel mirino si oscurava, ora anche a f/8 lo schermo è ancora pienamente utilizzabile e addirittura a f/11, posizionando ben in asse l'occhio all'oculare, si può continuare ad utilizzare sia lo stigmometro che l'area dei microprismi.

Malgrado ciò, le migliori prestazioni, con lo schermo Katzeye, si ottengono con le ottiche più luminose. Alla focale di 135mm, l'obiettivo Nikon AF DC 135mm f/2 mostrava una zona di fuoco chiara ed evidente mente lo zoom Nikkor AF-S G VR IF ED 18-200mm f/3.5-5.6, alla medesima focale, quindi a circa f/5, non mostrava con altrettanta evidenza la differenza tra zona a fuoco e fuori fuoco.

Un altro aspetto da non sottovalutare è la precisione di fuoco con le ottiche grandangolari; con questi obiettivi infatti non è mai ben evidente la zona di messa a fuoco, e anche se spesso si opera in iperfocale sfruttando l'estesa profondità di campo di cui sono dotate queste ottiche, la selettività dei sensori digitali possono comunque mettere in evidenza una messa a fuoco non perfetta sul soggetto. Anche in questa situazione lo schermo di messa a fuoco Katzeye si è rivelato estremamente utile, consentendo rapide ed accurate messe a fuoco sul soggetto prescelto.

In macro si sono dimostrati indispensabili i microprismi centrali con cui è possibile avere la reale certezza che l'immagine che si sta eseguendo è perfettamente a fuoco, mentre lo stigmometro a immagine spezzata si è dimostrato utile nella riproduzioni di documenti e nella fotografia d'architettura oltre che nei ritratti, consentendo di mettere a fuoco con precisione certosina esattamente sugli occhi del soggetto ritratto.

Analizzando con maggior attenzione gli aspetti di una corretta messa a fuoco, ho avuto la conferma che spesso, immagini che definiamo poco nitide perchè riprese con diaframmi aperti e quindi in condizioni non ottimali per la resa ottica di un dato obiettivo, in realtà sono talvolta solamente leggermente sfuocate, altre volte micromosse. E' davvero difficile immaginare quanto la qualità di un obiettivo possa esplodere letteralmente, se la messa a fuoco è eseguita con la dovuta precisione. Con la Nikon D200 ho avuto un ulteriore aiuto utilizzando l'oculare ingranditore DK-21M che aumenta la percezione delle dimensioni dello schermo attraverso il mirino di circa 1,17X, sufficienti a facilitare ulteriormente la messa a fuoco manuale. In casi specifici è sempre possibile utilizzare l'oculare ingranditore DG-2 applicabile alla D200 tramite l'adattatore DK-22

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Ecco ciò che si vede nel mirino. Il soggetto (il Duomo di Milano)
appare completamente sfocato e risulta evidente anche la separazione della
guglia centrale, proprio in prossimità dello stigmometro ad immagine spezzata

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Spostando la ghiera di messa a fuoco si apprezza immediatamente
l'aumentare della nitidezza…

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…Fino al raggiungimento del fuoco corretto

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Un altro esempio di come appare lo schermo Katzeye durante le fasi di messa
a fuoco. Per facilitare la messa a fuoco manuale nella zona centrale
ho volutamente spostato il punto AF di lato a sinistra per non interferire con
la visione dello stigmometro ad immagine spezzata centrale


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La macro è uno dei campi applicativi in cui lo schermo Katzeye
da un valido ed evidente aiuto


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In macro la messa a fuoco automatica può essere difficoltosa da gestire.
Meglio passare a quella manuale controllando visivamente sullo schermo
di messa a fuoco i particolari effettivamente a fuoco

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Particolare DK-21M su D200


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Un altro valido aiuto per la messa a fuoco manuale viene fornito dal mirino
ingranditore 2x DG-2 utilizzabile sulla Nikon D200 tramite l'adattatore DK-22


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Sia in archietettura (con gli obiettivi Shift) che con i teleobiettivi, lo schermo Katzeye offre un valido
ed insostituibile aiuto. In tutte le situazioni di ripresa provate, non ho rilevato particolari da segnalare per quanto
concerne l'esposizione. Sia Matrix che Semi-spot hanno fornito risultati nella norma. Anche la modalità spot,
seppur sconsigliata dalla stessa Katzeye, non ha fornito letture esposimetriche falsate, anche se è ammissibile,
che in talune circostanze possa fornire misurazioni poco attendibili per via dello stigmometro centrale.


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Sia in architettura che con i teleobiettivi, poter contare sui microprismi e sullo stigmometro ad immagine
spezzata significa poter raggiungere la corretta messa a fuoco, senza errrori, in breve tempo anche in modalità manuale

 
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